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Storia e Cultura

Fin dall’antichità commercianti, esploratori, pirati e avventurieri hanno raggiunto le rive di Zanzibar.

Dagli antichi Assiri, Sumeri, Egizi, Fenici, fino agli indiani, cinesi, porteghesi, arabi persiani e omaniti, olandesi e inglesi, tutti sono sbarcati su quest’isola almeno una volta.

I primi fra questi ad insediarsi stabilmente sull’isola e a dettare le proprie regole giungendo a un compromesso con i reggenti locali, furono i mercanti arabi provenienti dalla Persia nel XII secolo d.C.

Grazie alla loro influenza si diffuse la religione islamica, e le prime testimonianze storiche sono ancora visibili all’interno della moschea di Kizimkazi (località a sud dell’isola), prima moschea ad essere costruita in Africa orientale nel 1107.

Per secoli gli arabi provenienti dall’Oman navigarono i mari spinti dai monsoni per commerciare principalmente avorio, schiavi e spezie.

Solo nel 1832, anno di svolta per l’arcipelago, in cui il sultano Seyyid Said bin Sultan decise di trasferire la capitale del suo Sultanato dal Muscat, in Oman, a Zanzibar, dove la sua dinastia governò per oltre 130 anni.

In poco tempo Zanzibar divenne il più grande mercato della costa orientale dell’Africa.

La decisione fondamentale per lo sviluppo economico dell’isola fu lo sforzo intrapreso per stimolare la coltivazione del chiodo di garofano, che nel 1850, ne conquistò il monopolio del mercato mondiale.

Il 7 novembre 1890 venne proclamato il Protettorato britannico su Zanzibar, e durante i successivi 73 anni i funzionari inglesi, nominati dal Foreign Office britannico, occuparono posti chiave all’interno dell’amministrazione pubblica, dirigendo dietro le quinte le sorti dell’arcipelago.

Il 10 dicembre 1963 Zanzibar ricevette l’indipendenza dal Regno Unito, e pochi mesi dopo scoppiò una feroce rivoluzione contro il secolare giogo dei sultani omaniti.

La rivolta che seguì l’indipendenza segnò il rovesciamento della classe dirigente araba, accompagnata da violenze nei confronti degli stessi. E fu così che Zanzibar divenne una Repubblica.

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